Nella sua accezione più semplice la fotografia si può definire come la luce che modifica la materia: scrivere-disegnare con la luce, per usare una definizione generalmente accettata.
Citiamo Wikipedia. “Una fotografia è una immagine ottenuta tramite un processo di registrazione permanente e statica delle emanazioni luminose di oggetti presenti nel mondo fisico, selezionate e proiettate da un sistema ottico su una superficie fotosensibile: emulsione chimica per la fotografia fotochimica, cioè quella tradizionale dalle origini ai giorni nostri, sensore elettronico per la fotografia elettronica oggi digitale”.
La fotografia nasce quindi dai progressi dell'ottica e della chimica (poi dell'elettronica). Nel corso dei quasi duecento anni di vita della fotografia sia l'ottica che la chimica hanno permesso notevoli migliorie qualitative. La perfezione dei supporti sensibili, delle tecnologie digitali e degli obiettivi ci permette oggi di ottenere immagini di una qualità sorprendente con una facilità estrema.
Dal punto di vista della comunicazione (il lato commerciale della fotografia - inteso in senso
positivo) è d'obbligo utilizzare tutta la tecnologia attuale per realizzare immagini esteticamente e tecnicamente perfette. Non dobbiamo dimenticare che una fotografia non è solo tecnica o solo estetica: le due componenti sono indissolubili per la costruzione dell'immagine.
Il mercato detta le sue leggi: risoluzione, nitidezza, fedeltà del colore, controllo del rumore, sono parametri fondamentali per proporre le proprie immagini per la pubblicazione sui media, anche in rete. Quello che era normale qualche anno fa non è più accettabile perché le richieste qualitative aumentano.
L'altro lato della fotografia, il lato artistico, quello che non deve raccontare un evento, segue invece altri presupposti. L'arte è l'espressione estetica dell'interiorità umana e per tale espressione non esiste un unico linguaggio artistico e neppure un unico codice inequivocabile di interpretazione.
Il fotografo artista ha possibilità di sperimentare tecniche e linguaggi molto più liberamente rispetto al fotografo commerciale.
Fotografare con un buco
Da qualche anno insegno fotografia presso l'Accademia di Belle Arti di Novara. Tra le varie
opportunità che ho proposto ai miei allievi ho voluto sperimentare con loro le tecniche antiche di ripresa e di stampa applicate al ritratto.
Abbiamo quindi bandito il digitale, lavorando con macchine fotografiche a pellicola: macchine a corpi mobili di grande formato, reflex tradizionali e... con un buco, cioè con una macchina fotografica a foro stenopeico autocostruita.
Una fotocamera a foro stenopeico non è altro che una scatola a tenuta di luce (la nostra è di legno, ma può essere anche di cartone). Su uno dei lati interni si posiziona una pellicola fotografica; sul lato opposto è presente un forellino di qualche decimo di millimetro che funziona da obiettivo.
Avete capito bene: questa macchina fotografica non ha un vero e proprio obiettivo, ma sfrutta le caratteristiche fisiche della luce che passando attraverso un minuscolo buco forma sulla parete opposta l'immagine rovesciata del mondo esterno.
La costruzione e l'utilizzo di questo tipo di fotocamera è molto diffuso tra gli appassionati di
fotografia. I soggetti più ripresi sono generalmente paesaggi o still-life: questo a causa della
lunghezza dei tempi di esposizione necessari alla ripresa, nell'ordine dei minuti in pieno sole. Il minuscolo forellino/obiettivo corrisponde infatti ad un valore di diaframma molto elevato (valori intorno a f.250 sono normali...)
Ho quindi pensato di continuare a sperimentare su questo tipo di fotografia e di lavorare con un sistema a foro stenopeico su un tema decisamente diverso. Così ho realizzato questa serie di nudi in studio illuminando il set con luci flash utilizzando, come potete immaginare, potenze mostruose (4 flash da 1500 watt/secondo a piena potenza...)
L'effetto che ho ottenuto secondo me è molto interessante: la resa della fotografia a foro stenopeico è un'immagine tutta a fuoco e contemporaneamente molto morbida, con i dettagli e i contorni sfumati e indistinti. Nella riproduzione del corpo umano questo si traduce in una morbidezza pittorica che è quasi una rivisitazione impressionista della fotografia.
Continuerò senza dubbio su questo tipo di sperimentazione: ho in mente molte variabili al
procedimento e ho scritto molti appunti a proposito. Manca solo un dettaglio... il tempo per tradurre l'idea in azione!
Qualcuno di voi ha esperienza su questo tema? Fatemi conoscere le vostre esperienze e le vostre considerazioni!
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